quarta-feira, 1 de fevereiro de 2012

Quando l'amore fa male


Quando l'amore fa male


Un cospicuo numero di donne in età fertile prova dolore durante i rapporti sessuali. Ne parliamo con Fabrizio Quattrini, Presidente dell'Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica, che ci spiega come uscirne Di Ilaria Amato


La legge della natura non è uguale per tutti. Per qualcuno il sesso non è direttamente proporzionale al piacere, infatti un cospicuo numero di donne in età fertile - il 15% - prova dolore durante i rapporti sessuali (fino al 33-45% in post-menopausa). C’è chi ne soffre da sempre e chi inizia a farlo dopo un evento traumatico, chi solo in alcune situazioni e chi con un determinato partner. Tutte – invariabilmente - smettono di fare l’amore. La frustrazione di trovare sofferenza dove cercavano piacere è spesso insostenibile, sentirsi non legittimate a quel momento e incapaci di soddisfare il desiderio dell’altro è talmente avvilente che si smette di provarci e, soprattutto, di parlarne. «Il problema è che si pensa che la sessualità sia qualcosa che accade per magia, ma a volte bisogna passare attraverso una maggiore consapevolezza di sé per metterla in moto» conferma Fabrizio Quattrini, Presidente dell'Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica. Quello che conta è prendere atto del problema e cercare la soluzione con l’aiuto di un esperto. Il dottor Quattrini ci spiega perché si prova dolore durante i rapporti sessuali e come se ne può uscire.

In che cosa consiste il disturbo?
«Se si prova dolore all’inizio dei rapporti si parla di vaginismo, mentre se si sente male durante il rapporto sessuale si parla di dispareunia».

Come si distinguono?
«Il vaginismo è più di carattere emotivo: al momento del rapporto la donna contrae i muscoli che circondano la vagina e quindi si ha difficoltà nella penetrazione. Si tratta di una vera e propria resistenza, un’avversione alla sessualità»

Quali sono le cause?
«Possono essere di varia natura: può entrare in ballo il vissuto personale, i condizionamenti sociali oppure la paura dell’uomo, il cui pene viene visto come un’arma da cui la donna non può difendersi perché si sente in posizione passiva al momento della penetrazione».

Il dolore nei rapporti è un problema solo femminile?
«Nei casi di vaginismo sì, mentre la dispareunia può riguardare sia uomini che donne».

In che cosa consiste la dispareunia?

«E’ un disturbo più di carattere medico che può essere dovuto a una flogosi a livello del tratto urinario e si manifesta prima con un fastidio e poi un grosso dolore al momento dell’orgasmo».

Quanto è disposta a chiedere aiuto una coppia che incontra questo tipo di problemi?

«Rispetto a dieci anni fa oggi c’è maggiore apertura e ci si rivolge più spesso a uno specialista. In media si decide di farsi aiutare dopo pochi mesi che si inizia a soffrire di disturbi di questo tipo, ma spesso passa anche qualche anno prima che si ammetta che c’è bisogno di un intervento esterno».

Il dolore durante i rapporti è qualcosa che si prova da sempre e con qualsiasi partner o è qualcosa che varia?
«Dipende, può esserci una diagnosi primaria per cui il problema si presenta ogni volta che si hanno rapporti; oppure si può avere una diagnosi secondaria per cui il disturbo si presenta in un momento particolare della nostra vita, spesso in seguito a un avvenimento traumatico. Può essere un lutto non risolto o un caso di violenza in cui la donna tende a chiudersi in se stessa, o dopo una delusione o una separazione, e in questo caso il problema si presenta con il partner successivo. Inoltre il disturbo può essere di tipo totale se si presenta in ogni situazione sessuale, o situazionale, se si manifesta esclusivamente in alcune situazioni o con uno certo partner soltanto».

Come si guarisce?
«Il primo passo è rendersi conto di aver bisogno di aiuto perché spesso non si dà importanza alla sessualità e alla disfunzione. Poi ci si rivolge agli esperti: si può fare un controllo ginecologico per capire se ci sono infiammazioni o qualcos’altro che non va. Nel caso del vaginismo si scoprirà che nel nostro corpo non c’è nulla che non funziona. E allora ci si rivolge a un sessuologo per lavorare sulle cause psicologiche. In realtà sarebbe molto più semplice e veloce rivolgersi direttamente a un sessuologo per entrare in contatto con la problematica subito e quindi risolverla prima».

Ma per una donna è molto più semplice andare dal ginecologo che dal sessuologo…
«Sì, questo è un problema di informazione e culturale, l’Università dell’Aquila dove insegno è stato il primo ateneo italiano a istituire un corso di laurea in sessuologia. E parliamo di solo un anno fa».

Perché è preferibile andare da un sessuologo?
«Perché permette di vagliare sia l’aspetto organico che psicologico, affiancando i due percorsi e quindi riducendo l’ansia che gli esami medici potrebbero alimentare».

Quando tempo ci vuole per risolvere un problema di vaginismo?
«Dai 6-8 mesi a un anno dal momento in cui mi rivolgo a uno specialista con un approccio cognitivo-comportamentale, poi ovviamente tutto dalla coppia e dalla situazione».

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